sabato 15 marzo 2014

Piccola Storia dell' Omosessualità (1): gli antichi Greci.


E rieccoci con un nuovo articolo settimanale, regolare il sabato come le mestruazioni nel periodo peggiore del mese. Quest’oggi parleremo di un fenomeno molto complesso, di cui nemmeno gli studiosi si son fatti un’idea certa e precisa: l’omosessualità nel mondo greco. Spesso e volentieri si generalizza con frasi del tipo: << Ma sì, ai Greci piaceva inculare i bambini, erano dei pedofili arrapati, delle persone squallide che se ne approfittavano di teneri ragazzini!>>. Ovviamente, manco a dirlo, questa visione semplicistica non solo è storicamente inesatta (“tutto ciò è giuridicamente scorretto” come direbbe una persona nota a qualche lettore), ma non tiene nemmeno conto di quello che doveva essere il punto di vista in materia un tempo.

Ma prima di iniziare vi annoio con un paio di considerazioni (tanto per non farvi prendere troppo bene partendo subito): non sono qui a dare giudizi morali su gusti sessuali ma a descrivere come stessero le cose un tempo. Che quello che accadeva in quel periodo fosse giusto o sbagliato non sono qua per dirlo (anche perché sarebbe un approccio sbagliato) ma, quello che posso dirvi, è come stessero le cose e come fossero pienamente giustificate e legittime per quell’epoca. Quello che oggi vi racconto non l’ho sperimentato in prima persona durante un' emozionante vacanza in Grecia in tenera età ma proviene dagli studi approfonditi di Eva Cantarella (1936-no, ancora non è morta) , una famosissima studiosa di diritto romano e greco che ha insegnato in prestigiosissime università e pubblicato tantissimi libri che tracciano un quadro completo e esaustivo della condizione giuridica degli antichi. In particolare faccio riferimento al saggio “Secondo Natura” per la BUR (10,90€) che consiglio a chiunque voglia avere una visione completa dell’argomento, esperto o meno di antichità.

Innanzitutto mettiamo le carte in tavola e “viviamo sinceri di noi” (come recita il graffito enorme sul muro di fronte alla mia finestra e che, ogni giorno, mi ricorda quanto noi umani ci meritiamo di morire tra le peggiori torture): effettivamente i Greci adulti si incaprettavano i ragazzini. È un dato di fatto: non praticavano il solo coito intercrurale (strofinare il pene tra le cosce fino a venire) come alcuni avevano ipotizzando osservando delle decorazioni sui vasi ma, come risulta chiaramente da alcune scritte su muri di caverne on Grecia (come se “Qui Krimon ha sodomizzato il suo fanciullo fratello di Bathycles” non fosse abbastanza esplicita come frase) e da numerosi brani di poeti che elogiano il fresco culetto dei ragazzi, i Greci penetravano ani non appena ne avevano l’occasione. Ma con ragazzi non si intende i bambini in generale ma solo quelli di una certa età (anche loro, come il vino, hanno bisogno di invecchiare un poco). Infatti, come recita un epigramma (composizione breve di poesia):

“D’un dodicenne il fiore mi godo; se tredici sono

gli anni, più forte desiderio sento;

chi n’ha quattordici spira delizia più forte d’amore,

più gusto chi nel terzo lustro va;

il sedicesimo è un anno divino: non io lo ricerco

l’anno diciassettesimo, ma Zeus.

Per chi vagheggi un amasio più vecchio è finito lo scherzo:

quello che cerca è <<a lui corrispondendo>>

Quindi, come risulta evidente, esiste una precisa fascia di età: al di sotto si è troppo precoci e azzardati, al di sopra ci si inizia a coprire di peli, i nemici dell’amore verso i giovani. Vediamo che chi amava qualcuno di diciott’ anni cercava qualcuno di a lui simile: infatti avveniva un importante cambiamento di ruolo nel ragazzo. Il giovane, si sa, deve essere sottomesso al ruolo passivo anche se, a un certo punto, dovrà diventare lui stesso attivo. All’inizio, in epoca arcaica, tutto ciò aveva un carattere di iniziazione alla vita adulta: il ragazzo, “inspirando” lo sperma dell’adulto tramite l’ano, acquistava le caratteristiche indispensabili per essere uomo in seguito (non vi sto a fare la storia dell’etimologia del verbo greco ma sappiate che i termini che ho usato non sono casuali). In seguito, però, questo carattere più che perdersi è mutato. Tutto è diventato una consuetudine, un modo di fare consolidatosi nel tempo e che non trova punizione nelle leggi. Era così automatico, ubbidendo a una legge antichissima, concedersi a chi era più grande che nessuno si poneva ormai troppi problemi. Però i tempi cambiano e anche la mentalità: quello che era un servizio dovuto diventa gioco erotico fatto di corteggiamenti pressanti da parte degli spasimanti e rifiuti provocatori dei giovani che servivano ad attizzare le torce. Si veniva così a creare una cerimonia d’amore quasi animalesca, fatta di allusioni giocose e rituali provocanti. Però i ruoli dovevano essere assolutamente definiti e chiari, non era lecito che si contravvenisse all’antica legge. Ma fu proprio così?

Come si sa i ruoli non si scelgono, sono dettati dalle attitudini di ciascuno anche in base al carattere e al vissuto personale e, per nostra fortuna, i gusti e le perversioni sono infiniti: quindi di sicuro ci saranno stati ragazzini che avrebbero preferito arare il campo di una bella ragazza piuttosto che farsi piantare un paletto in culo da un grasso cinquantenne oppure inserire il loro seme nell’humus dei coetanei ma non potevano (ah, come mi sento un villico contadino, tutto odorante di caldi escrementi). Tutto era rigidamente regolato da norme sociali da cui non si poteva uscire: anche il tempo per amare, come abbiamo visto prima, a un certo punto finiva (anche se ci sono casi celebri, come quello di Pericle se non sbaglio, in cui gli amanti sono poi rimasti tali per tutta la vita). Quindi, quale sciagura e decadenza dei costumi quando si vedevano uomini adulti truccarsi e acconciarsi come donne, depilandosi e vestendo leggere tuniche gialle (il colore tipico delle femmine, non è vero mimosa?), che si strappavano via anche i peli del culo pur di farsi penetrare come puledre selvagge! Infatti, quando leggiamo negli autori antichi come Aristofane o Platone, che l’amore per gli altri uomini è turpe e indegno si fa riferimento alle contravvenzioni della regola principale del buon costume (infatti è lo stesso Platone a dire nel “Simposio” che non c’è amore migliore di quello per un ragazzo) o a modificazioni nel rituale. Aristofane, il celebre commediografo (di cui vi accenno qui per la prima volta ma di cui parleremo parecchio), nelle “Nuvole”, mettendo a confronto il discorso giusto e quello sbagliato (sono proprio due attori distinti sulla scena), avendo da ridire a quei giovanetti che, nelle palestre, si sedevano per terra e poi, quando si alzavano, non coprivano con la sabbia le impronte delle loro parti intime per farle vedere a chi assisteva (le mutande non esistevano un tempo e ricordiamoci che, teoricamente, il giovane doveva far finta di opporre resistenza all’uomo maturo, non schiaffargli in bocca il pene come se fosse stata una caramella gommosa) non vuole attaccare l'omosessualità in genere ma solo quella "contro natura" (mado, che frase complessa). Ma gli intellettuali rappresentavano una percentuale minima della popolazione di Atene (come ora lo sono in Italia più o meno): infatti non dobbiamo immaginarci i Greci come uomini alti e muscolosi dai folti capelli ricci che passavano le giornate a filosofeggiare o combattere tutti nudi mentre vivevano in bellissime case fatte di marmo bianco ma, al contrario, come rozzi pastori sdentati e contadinozzi tutti sporchi e pelosi (senza deodorante o dentifricio inoltre) che non sapevano né leggere né scrivere nelle loro capanne di fango e paglia non dotate di fogne o acqua corrente. Quindi questi signori se ne fottevano altamente di cosa potesse essere giusto o sbagliato, loro infilavano il pene nel primo spazio vuoto che si presentava a loro, non stavano a farsi problemi sul sesso della persona o sul loro ruolo.

Ma le donne? Come la prendevano loro? Che potevano fare? Nulla! Erano relegate in casa e prendevano le passioni dei loro mariti per quello che erano, non potevano opporsi sottomesse com' erano. Questo dell’inferiorità femminile era un concetto fisso e irremovibile anche per autori come Senofonte che, nel suo “Simposio” (sì, ne ha scritto uno pure lui), diceva di preferire la figa al cazzo (detto proprio con queste parole). Ovviamente l’amore omosessuale femminile era considerato come la massima perversione da punire in qualunque modo. L’amore provato da Saffo, maestra delle arti della casa nel Tiaso (una specie di collegio femminile, per semplificare, in cui si imparava ad essere delle brave mogliettine), non poteva che limitarsi a qualche sgrillettata e illustrazione di dove dovesse andare il pene alle giovani fanciulle, nulla di serio effettivamente: infatti a un certo punto arrivava il triste distacco e chi s’è visto s’è visto!

L’uomo, dunque, era costretto a cambiare ruolo nell’arco di poco tempo senza aver modo di adattarsi con calma alla nuova condizione (anche se, ovviamente, il passaggio poteva essere anche graduale: infatti in numerosi casi la donna la prima notte di nozze perdeva prima la verginità anale di quella vaginale). E appunto, ovviamente, molti rimanevano passivi anche in età adulta perché non riuscivano a cambiare completamente o perché a loro, giustamente, piaceva così. Questo fenomeno, come poi vedremo nel mondo romano, andò moltiplicandosi a dismisura degenerando (ovviamente secondo la loro visione) finché non si perse del tutto il valore iniziatico della pederastia trasformandosi in uno scopare per il puro piacere (per carità, nobile anche questo come principio, ma non è proprio quello che gli antichi si aspettavano sarebbe successo). Inoltre, nella società greca dominata da precisi canoni estetici entro cui si doveva rimanere (si pensi alle coppie di analogia: bello=buono, brutto=cattivo, donna=inferiore ecc.), il passivo oltre a dover essere rigorosamente depilato, doveva essere pure dotato: infatti, al contrario della visione dominante al tempo dei romani e di Rosario Muniz, avercelo piccolo era segno di perfezione mentre la grandezza spropositata del pene rispetto al resto del corpo era simbolo di passività evidente. E così si rischiava, salvo eccezioni, di rientrare in categorie prefissate cui il mondo Greco antico era tanto affezionato senza la possibilità di esprimere sé stessi in pieno.

Come avrete capito le cose non erano così semplici come ve le ho descritte: qua ho dovuto fare una sintesi tagliando diverse parti (il rapporto con il mondo politico, i vari significati nascosti nel gesto sessuali, le visioni approfondite degli autori) che troverete ampiamente descritte nel saggio della Cantarella che presenta un linguaggio facilmente accessibile a tutti, anche a chi non ha fatto il classico. Fate conto che, come vi accennavo, gli stessi studiosi di antichità non sono pienamente concordi su certi aspetti e danno diverse letture e io non sono nessuno per raccontarvi quale fosse la realtà dei fatti. Anzi, sicuramente nella mia trattazione potrei aver inserito delle imprecisioni che farebbero inorridire qualunque studioso, mi scuso in anticipo! Però diciamo che il quadro generale è questo, non sono stato ad approfondirvelo apposta per non rientrare in ambiti poco noti ai più (e a me stesso). Ne approfitto per scusarmi anche del linguaggio verso chi si possa essere offeso leggendo l’articolo. Un modo di esprimersi volgare non presuppone per forza una denigrazione dell’argomento trattato, anzi, è a mio parere un modo di esprimersi più quotidiano che mette sullo stesso piano lettore e autore: non voglio che ci sia distacco tra di noi, sono un essere in carne e ossa come voi. Ed è proprio per questo che vi invito caldamente a COMMENTARE (ricordo che possono farlo TUTTI anche chi non ha un account Google Plus)  per instaurare un piccolo dibattito, una discussione anche sull’argomento! Inoltre vi volevo ringraziare veramente tantissimo per il feedback molto positivo ricevuto per lo scorso articolo (ha fatto il pieno di visualizzazioni ed è piaciuto in generale sentendo i pareri) e spero di appassionarvi ancora! Volevo dedicare questo articolo a Edo che ha letto il libro della Cantarella (da me regalatogli) fino a qui e che spero abbia apprezzato il riassunto!

La prossima settimana invece concludiamo l’argomento omosessualità nell’antichità con un articolo sulla sessualità al tempo dei Romani!  

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