sabato 27 dicembre 2014

Racconto di Compleanno: un anno di Letterarteblog!

Il viaggio in aereo durò 12 ore, una tortura infernale: la grassa cinese accanto a me russava sonoramente, accasciata sul sedile come una bambola di stoffa priva di vita, nonostante le luci fossero accese. C'era qualcosa, in lei, di bestiale, che mi riportava alla mente l'idea di un cinghiale selvatico: era ripugnante ma allo stesso tempo stranamente affascinante. Ovviamente non chiusi occhio e, quando atterrai all'aeroporto di Pechino, ero stravolto. Mi feci portare immediatamente in hotel da un taxi per dormire quelle poche ore prima di dover partire col treno alla volta di Shijiazhuang, dove avrei dovuto cercare un mezzo per raggiungere Xizhaixiang, un paesino sperduto nella campagna cinese. Fare tutta quella strada dando credito a un'antichissima e fumosa leggenda orientale mi sembrava una follia ma mi dissi "Tanto che sei in ballo...". Certi racconti buddisti narrano del Santo Rondine Rossa che, cortigiano alla corte del Buddha sul monte degli Avvoltoi, il Griddhraj Parvat, una volta, durante un sacro banchetto, iniziò a mangiare prima di un altro convitato dal rango superiore al suo: per tale motivo il Grande Illuminato l'aveva condannato a reincarnasi in un monaco immortale che, isolato dalla società, non vedeva il presente come gli altri ma dall'occhio destro osservava il passato, dal sinistro il futuro. Recentemente erano sorte delle strane notizie riguardanti un vecchissimo monaco che trascorreva i suoi anni in solitudine nella regione dell' Hebei, in Cina, e non si capiva né da dove venisse né chi fosse in realtà perché apparentemente muto e cieco, in quanto non sollevava mai le palpebre. Un mio amico, appassionato di misticismo orientale, mi aveva passato la notizia convincendomi che quello potesse essere Santo Rondine Rossa e, depresso dal grigiume del luogo in cui vivo, mi ero deciso a intraprendere un viaggio un po' avventuroso per provare a riprendermi dalla triste monotonia. La stazione ovest di Pechino era il formicaio che già si era rivelato essere due anni fa e, in mezzo alla massa claustrofobica che mi schiacciava da ogni dove, cominciai e pentirmi di quel viaggio, di quell'avventura: ma mi ripetei, ancora una volta "Tanto che sei in ballo..." e mi avviai verso l'infernale biglietteria. Fortunatamente l'impiegata riuscì a comprendere la mia pessima pronuncia cinese e mi procurò i biglietti di cui avevo bisogno senza troppi problemi: il giorno dopo, alle 9:42, il regionale G513 mi avrebbe scaricato a Shijiazhuang alle 11:13. Per rilassarmi, la sera, mi concessi un giretto per i caratteristici Hutong, i quartieri tradizionali della città, tra colorati negozi di vestiti in stile occidentale e locali in cui bere qualcosa: in fondo ero pur sempre in vacanza, no?

Il mattino dopo una fitta e gelida nebbia abbracciava Pechino e i suoi frenetici abitanti. La stazione era, come al solito, strapiena di persone che andavano e venivano ma riuscii ad arrivare al binario in tempo e senza contrattempi: il G513 era già lì che aspettava me e un paio di centinaia di altri passeggeri infreddoliti come il sottoscritto. Mano a mano che ci allontanavamo dalla città il paesaggio si trasformava fino a diventare una bianca distesa di neve. Quando scesi alla stazione di Shijiazhuang feci una tragica scoperta: a Xizhaixiang non esistevano stazioni dei treni. In effetti stavamo parlando di un paesino sperduto tra i campi, chi mai avrebbe voluto raggiungerlo? Mi diressi stancamente nel centro città alla ricerca di un luogo dove alloggiare, così da avere una base fissa: il mio sesto senso mi diceva che nel luogo dove volevo recarmi non ci sarebbero stati hotel di alcun tipo. Era appena l'una, la città non offriva grandi attrattive e decisi, perciò, di scambiare due chiacchiere con la receptionist della pensione che avevo trovato per la notte nella vana speranza che parlasse un poco d'inglese. Fortunatamente la giovane ragazza (avrà avuto sui 26 anni al massimo) un poco ci sapeva fare e le domandai quel che sapeva sul vecchio monaco e il monastero che lo ospitava: a quanto pare era relativamente famoso da quelle parti perché la stampa non aveva fatto trapelare troppe notizie, quasi volesse tenere tutto nascosto. In compensò mi prenotò un taxi per il mattino dopo, così da non dover far fatica a trovarne uno io (e soprattutto a spiegargli dove volevo andare). Dopo una rapida cena in un locale coreano del centro me ne tornai in stanza dove passai una notte irrequieta piena di sogni stranamente realistici, in cui mi trovavo sulla mano gigante del Buddha e non riuscivo ad andarmene, per quanto mi muovessi agile come uno scimmiotto.

Il mattino dopo, alle 9, effettivamente passò il taxi con tanto di conducente che nemmeno sapeva che animale fosse l'inglese: scambiò qualche parola con la receptionist in cinese stretto e partì. In un paio di orette piene di imbarazzante silenzio giungemmo a quelle quattro casupole che rappresentavano le due vie di Xizhaixiang e che superammo dopo pochi secondi di guida sostenuta. Il tempio, che si trovava in mezzo alle bianche risaie a qualche chilometro dalla civiltà, da fuori non sembrava nulla di speciale: sopra le rosse pareti i gialli tetti erano tutti coperti di neve e, a parte il rumore del vento ghiacciato che soffiava tra i rami secchi di un paio di alberi posti all'esterno, il paesaggio taceva, disturbato solo dal sommesso rombo di motore del taxi. Questi si fermò di fronte all'ingresso e mi fece pagare la somma pattuita: non appena prese i soldi non mi lasciò il tempo di tentare di chiedere se mi avrebbe aspettato che partì via subito, scomparendo preso al'orizzonte. Intimorito dal silenzio e infreddolito non mi rimase che entrare nel monastero e sperare che vi fosse qualcuno disposto ad accogliermi; ormai ero in ballo, no?

Il primo cortile era deserto, così come il secondo e il terzo: non volava una mosca e le stanze interne sembravano tutte chiuse, comprese quelle centrali che davano accesso alle statue del Buddha. Scoraggiato mi diressi verso il quarto cortile dove, però, mi attendeva qualcosa di molto particolare: una sala grandissima era aperta e, dall'interno scuro e poco illuminato, fuoriusciva una quantità smodata di fumo d'incenso votivo bruciato. Avvolto dal dolce profumo entrai e lo spettacolo che mi trovai di fronte mi lasciò pietrificato: la stanza era stracolma di gigantesche statue dorate di divinità Buddiste, almeno un paio di centinaia, alte tutte sui 2 metri e, davanti a ciascuna. dei piccoli tripodi stracolmi di incenso bruciavano la sostanza mistica emanando una sottile luce che, insieme a qualche altra lampada ad olio, illuminava scarsamente l'ambiente. Al centro del tempio, in mezzo alle statue, su un cuscino color porpora stava seduto un vecchio monaco dal capo pelato e la tunica arancione tutto incartapecorito su sé stesso che, ad occhi chiusi, ripeteva sommessamente un mantra interminabile. Intimorito (e anche un po'inquietato) mi diressi senza far rumore verso la reverenziale figura e, inginocchiatomi davanti ad essa, stetti immobile. Ora che ci pensavo, come mi sarei rivolto a lui? Il cinese non lo conosco, l'italiano dubito che sappia cosa sia, che fare quindi? Ero preso da questi dubbi quando sentii una voce tuonare: "Giovane ragazzo, che ti prende? Dubiti di poter comunicare con il grande Santo Rondine Rossa? Non sai che i poteri dell'immenso Bodisatthva sono infiniti? Praticando le vie della virtù si possono superare tutti gli ostacoli dei comuni mortali ottenendo le chiavi dell'anima che il Buddha concede tramite l'ottuplice sentiero.". Vi lascio immaginare la mia sorpresa nel sentire queste parole improvvise, soprattutto dal momento che il monaco non si era mosso di un millimetro ma continuava, invece, a ripetere imperterrito le sue preghiere. Che effettivamente fosse lui a comunicare con me, in modi impossibili da comprendere per un semplice peccatore come il sottoscritto? "Allora, razza di sciocco, ti vuoi svegliare? Certo che sono io, Santo Rondine Rossa, a parlarti, smettila di meravigliarti! Tutti così questi abitanti delle terre occidentali: maiali pieni di sé che credono di sapere tutto, di avere le chiavi del mondo, quando in realtà non sanno nulla del Grande Veicolo, di ottuplice sentiero e di sutra! Tutti fieri della loro scienza si fanno abbindolare da professoroni che pretendono di avere in mano i misteri dell'universo quando, in realtà, si perdono in un bicchiere d'acqua! Invece di adorare il Santissimo Buddha e la Pusa Guanyn guardano gli animali, loro, avanzi di galera reincarnatisi in esseri schifosi che strisciano per terra! E poi ci sono i vostri scrittori, i giornalisti, che mi hanno assalito nei giorni scorsi di domande per poter rivoltare a loro piacimento le informazioni, manipolarle per le masse, per dar da mangiare a voi mortali, esseri pigri che si affidano agli altri per avere una conoscenza falsa e irreale della realtà: bestie, non siete che bestie! E tu, tu, tu sei qua perché vuoi vedere e capire, vero? Vuoi che ti sveli quale sarà il tuo futuro? Oppure vuoi rivedere quel che hai passato? Oh, ma lo so già, non preoccuparti, non star qui a darti la briga di rispondere, so già tutto! Comincia con il ripercorrere quello che hai fatto fin'ora: conoscere sé stessi per conoscere il mondo, dicevano gli antichi, no?". Con gli occhi sbarrati per quello che stavo sentendo non riuscii a dir nulla: e che potevo fare? Qualunque cosa avessi cercato di dire sarebbe suonata come una banalità indescrivibile alle orecchie del santo, come una carcassa in putrefazione di fianco a un filetto di maiale. Paralizzato dalla paura vidi la testa di Santo Rondine Rossa alzarsi piano piano e il suo occhio destro dischiudersi con calma, seguendo il ritmo naturale della Natura. "Questo- disse- è l'occhio che osserva, instancabile il passato del Mondo, fin dalla sua creazione, e che mai si sbaglia: osserva pure quello che ti interessa.".

Non posso descrivervi l'orrore cosmico che vidi riflesso in quella grossa nera pupilla e nemmeno mi ricordo ciò che osservai, ma alcune cose mi si sono impresse in mente e riaffiorò quello che avevo passato l'ultimo anno. Mi vidi malato, una sera, al computer a creare un blog, provando a dargli una forma e avvertendo alcuni miei amici dell'accaduto. Un attimo dopo stavo scrivendo quello che sarebbe stato il mio primo articolo, pieno di errori e imprecisioni, composto pochi giorni prima della fine dell'anno in fretta e furia, come a voler riempire uno spazio vuoto: si parlava di favole e di tempi andati, qualcosa di particolare da cui iniziare. In seguito mi vidi condividere con cerchie sempre più ampie di conoscenti i miei lavori, un articolo pieno di sconcezze e uno stile, al contrario, sempre più pacato col tempo. Poi qualche articolo su animali vari, un interesse per la letteratura da viaggio sempre crescente e qualche collaborazione con gruppi di amici e un giovane scrittore. Poi l'arrivo di Facebook e la crescente condivisone con tutti quelli con cui avevo dei contatti fino a rivelarmi come effettivo autore di tutti gli articoli. Viaggi fantastici, epiche battaglie e opere irriverenti non hanno bloccato gli esami e il consenso è sempre più cresciuto fino a sfociare in un progetto, quello di sostegno delle librerie indipendenti, per mettere in luce i problemi e le difficoltà di una realtà culturale spesso dimenticata. I viaggi sono andati aumentando e con loro le esperienze di vita, positive e negative, tutte riportate fedelmente. In seguito si sono aggiunti amici da gruppi che condividevano passioni comuni e da cui è sorto un dialogo mentre tutto, intorno, stava cambiando: un impervio viaggio in oriente chiudeva la visione, intervallato da confuse scene che mostravano la nascita di un video e una collaborazione artistica preziosissima. Un anno di prova che ha gettato le basi per un prossimo anno radioso.

Terminato che ebbe di mostrarmi l'occhio destro lo richiuse e, prima che avessi modo di rendermi conto di quel che accadeva con precisione, sbarrò il secondo, quello che non smetteva mai di osservare il destino futuro degli uomini. La mia mente non resse e svenni ma non prima di aver intravisto qualche fugace immagine. Vidi me stesso concludere il viaggio orientale con molti compagni in più di quelli incontrati inizialmente e, con un sorriso, salutarci alla meta con la promessa di rivederci per qualche nuova avventura. Nuovi video spuntavano e collaborazione con titani dalle ampie conoscenze troneggiavano su di me. Intravidi anche la possibilità di allestire una mostra con un caro amico e una riscrittura di alcuni capitoli, un progetto per il 15 febbraio, una dura prova e poi... il nulla, non mi era concesso di veder altro, le vie del Buddha erano ancora molto, troppo lontane!

Inutile dirvi che, dopo essere caduto per terra svenuto, rinvenni nella mia camera di hotel a Shijiazhuang. Non so come ci finii, alla reception non seppero dirmi nulla. Non mi rimaneva che tornarmene a Pechino e da lì cercare di rincasare con qualche mezzo in Italia. Nei giorni successivi pensai e ripensai al Santo Rondine Rossa e a quello che era successo ma qualcosa continuava a sfuggirmi, a rimanere fumoso. Quando l'aereo decollò mi scese, involontaria, una lacrima salatissima dall'occhio: sapevo di star abbandonando qualcosa di importante, una parte di me. Mentre il veicolo si inoltrava su, tra le nubi, a centinaia di chilometri orari, finalmente realizzai: avevo il futuro nelle mie mani, l'ottuplice sentiero aperto di fronte a me e un sorriso stampato sulle labbra.


Questo era un mio piccolo racconto per celebrare un anno del blog. Una cavolatina, veramente, scritta di contorno per dare un tocco di originalità a quello che altrimenti sarebbe stato un elenco corto, freddo e banale di quel che fu e di quel che sarà. Un particolare ringraziamento va a tutte le persone che mi sono state vicine, Anna in primis (che non ho mai nominato, se non una volta, e che vi osserva tutti insieme a me), e con un particolare ringraziamento a chi sa di meritarselo. Devo, inoltre, ringraziare in modo speciale chi ha deciso di credere in me e di aiutarmi col mio progetto e, quindi, in ordine all'incirca cronologico: Alessandro Angeli, gli amici della libreria Bastogi di Orbetello, Giancarlo Pasquali, la pagina All You Need is Dead, Federica Buscaglia, Gian Luigi Pugni, Michele Poggi, Angelo Cavallaro, il gruppo "Riscoprire i Classici" "Amo i Classici" "Viaggiatori per Passione" "Medioevo Italiano" "Italia Medievale" e "Reti Medievali". Inoltre un grazie particolare è rivolto anche alla pagina "GDL" e "Duecento Pagine" che mi hanno sostenuto. Una menzione d'onore spetta poi a tutti voi, gli attuali 208 iscritti alla pagina che mi seguite, commentate e aiutate. Non sarei da nessuna parte senza di voi, sappiatelo! Vi ricordo che mi potete trovare anche su Facebook e Youtube!

Grazie mille a tutti!


Questo è stato un anno di prova per un futuro che appare più radioso che mai! Vi auguro un buon proseguimento di feste e vi do appuntamento a lunedì, in cui vi faccio l'elenco di quello che ho letto quest'anno! 

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